Buongiorno mister Hyde

By on Mag 31, 2018 in Contemporaneità

Mai avrei pensato che avrei odiato la politica. La commedia umana di queste ultimi mesi, settimane, giorni e minuti, è stata la droga che ha risvegliato il mister Hyde che sonnecchiava in me.

Indecisa se stare nel solco della farsa o mutare in tragedia, la rappresentazione che tiene in bilico le nostre vite è la conseguenza di decenni di cinismo stupido e cieco, di assenza di volontà e di coraggio prim’ancora che d’intelligenza progettuale. Un’intera classe politica incapace di concepire non dico un’idea di nazione, ma un progetto sia pure piccolo e modesto, dotato di senso e funzionalità.

Negli ultimi trent’anni anni sugli scaffali della politica la scelta che ci è stata concessa è stata tra l’incompetenza e il servilismo. Molti di noi hanno per l’ennesima volta aderito ad un ideale di bandiera; altri hanno inseguito (ingenuamente? colpevolmente?) il simulacro del cambiamento. Peccato che leader di partito, dirigenti nazionali e funzionari locali siano pressoché indistinguibili gli uni dagli altri. Li accomuna un obiettivo, uno solo: sopravvivere. “Sono tutti uguali” è la bestemmia che mai avrei pensato di pronunciare. Eppure sì, sono eguali per modestia intellettuale, assenza di principi, incapacità di elaborare un pensiero che vada oltre la mera tattica.

Qualcuno saggio e assennato sostiene che i politici siano il rispecchiamento perfetto dei cittadini che li eleggono. Quindi né migliori né peggiori. Il ragionamento vale forse per gli altri paesi non per il nostro. Avete mai pensato al meccanismo della selezione? A come vengono cresciuti i cuccioli di partito, quali siano le virtù richieste? Vesciche e palpebre d’acciaio per resistere a ore e ore di discussioni inutili, incontri inutili, riunioni inutili; fedeltà assoluta al capobastone (finché la cordata regge); assenza di pensiero critico; capacità di dissimulare. Perché mai un imprenditore di successo, un manager dotato, un giovane ricercatore, un contadino intelligente, un artigiano evoluto, dovrebbero trasformarsi in portaborse, in truppe cammellate al servizio non di un’idea (sogno, ideale, progetto) ma del valvassore locale?

Mi fa ridere chi storpiando Fukuyama, ovviamente senza averne letto neppure una pagina, parla di fine delle ideologie, di tramonto della distinzione destra/sinistra, negazione che rivela immediatamente sentimenti destrorsi in chi la sostiene. Purtroppo, sinistra e destra sono categorie di pensiero che richiedono di essere costantemente nutrite affinché producano progetti: scelte che si trasformano in fatti. Ma se nessuno vuole perché non sa cosa volere al di là della sopravvivenza politica, del traccheggio, del tirare a campare nel clima di elezione permanente, non ci saranno proposte né tantomeno risposte alle domande che il tempo in cui viviamo ci pone.

Lo spirito del nostro tempo mostra i suoi volti scolpiti nel granito: le masse di disperati che fuggono dalla fame, dalla sete e dalle guerre; la sparizione del lavoro manuale a bassa intensità intellettuale. Queste sono le domande a cui destra e sinistra dovrebbero dare risposta: come affronto l’invecchiamento della popolazione, la pressione di milioni di disperati alle frontiere, come creo nuovo lavoro mentre il vecchio scompare?

I tempi cambiano, a volte molto in fretta. La classe politica italiana è fisiologicamente convinta di avere un tempo praticamente eterno, quasi privo di fine. E noi, purtroppo, la pensiamo con loro.

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