Camicia rossa la trionferà

By on Lug 9, 2018 in Comunicazione, Contemporaneità

Cosa penso d’aver imparato ora che ho raggiunto lo status di PPA, piccolo pubblicitario anziano?

Pensa e scrivi come se il prodotto (il servizio) che promuovi fosse destinato a te. Scrivi pensando con ostinata ossessione a chi leggerà le tue parole, sia essa cameriera o granduchessa.

Pensa e scrivi (strategia di comunicazione, campagna, o semplice testo) per risolvere un problema non per realizzare un’opera d’arte (sic).

La pubblicità non è un’opera d’arte. Non anticipa, segue. Non inventa, imita. Non scandalizza, rassicura. La pubblicità è come la tecnica: funziona (quando funziona).

Pensavo ai quattro ferri del mio mestiere l’altrieri, il giorno delle camicie rosse. Le hanno indossate molte persone che conosco e stimo; persone con le quali è gradevole prendere l’aperitivo, scambiarsi un libro, visitare una mostra, accendere un piccolo flirt, cenare in terrazza, programmare una vacanza. Persone sideralmente diverse da chi la camicetta rossa non sa neppure cosa esprima e perché; e se lo sapesse si metterebbe a ridere.

I quattro ferri del mio mestiere come api industriose ronzano nella mia testa. Chi è il target, mi chiedono; che cuori (che pance) vuoi conquistare; con che messaggio. Sono insistenti, cocciute e (forse) persino ingenerose. A loro interessa solo il risultato, portare il nettare nell’alveare; non conta l’estetica e neppure la retorica da beau geste; niente romanticismo e zero ideologia: a consolidare la loro identità bastano le tracce chimiche dei feromoni e qualche danza. Come la pubblicità, la loro guida è la tecnica non l’etica. Non pensano, funzionano.

Il mestiere della pubblicità? Vergognosamente simile a quello della politica, quasi isomorfo. Entrambi devono compiere due azioni parallele nel tempo e nello spazio: compattare i propri consumatori (le “famiglie trattanti” direbbe il signor Nielsen) e nel contempo cercare di acchiapparne di nuovi.

Regola che non vale – lo dice la parola stessa – per i consumi di nicchia; questi ultimi più esclusivi sono, più il loro valore sarà tutelato nel tempo.

Dunque la politica come i mercati di largo consumo? Certo, in entrambi i casi “gli atti d’acquisto” sono ripetuti e ravvicinati, il tasso di fedeltà variabile come un giuramento tra innamorati, le barriere d’ingresso sormontabili come le recinzioni dei giardinetti.

Cosa c’entrano le camicie e le camicette rosse, mi domandavo. Con la politica, teatro e mercato delle opinioni; con la pubblicità, teatro e mercato delle emozioni; e infine con gli obiettivi e con la strategia per conseguirli. Un’altra idea nobile e romantica inutilmente (dannosamente) identitaria?

Se la pubblicità (se la politica) è perfettamente autoreferenziale, non si conquistano consumatori nuovi e alla lunga si rischia di perdere pure quelli vecchi. Dare dello scemo a chi hai perduto e vorresti tanto di nuovo fra i tuoi, non mi pare granché come strategia di seduzione.

images