Come fragole di serra

By on Ott 12, 2019 in Contemporaneità

Per molti della mia generazione Michele Serra è un piccolo atto di autocoscienza quotidiana. Lo si legge per leggere scritto (bene) ciò che anche noi pensiamo ma che non sappiamo scrivere altrettanto bene. Si chiama mestiere della Parola. Una cosa che richiede, oltre al talento, coscienza critica. Virtù che, come il talento, va coltivata come una fragola di serra.

Oggi invece della fragola di serra è arrivato il cigno nero. Michele Serra che tenta un carpiato che neanche Klaus Dibiasi, giusto per restare anagraficamente in tema, separando il Peter Handke “scrittore” dal Peter Handke “polemista” come se non fossero la stessa persona. Come se le parole dell’uno nascessero nella testa di un altro.

Handke non è uno scrittore qualsiasi, un’anima bella che racconta la storia del mago o che saltabeccando per prati e per valli rincorre la gentil farfalletta. È il co-autore di un film straordinario (“Il cielo sopra Berlino”). È uno dei più acuti anatomopatologi della condizione umana contemporanea. È lo scrittore dell’introspezione, della mancanza, della memoria, della disperazione. Se fosse semplicemente uno dei tanti seguaci di Milosevic il massacratore di Serbia, non sprecheremo per lui nemmeno una parola. Ma è di parole che Handke campa. E la Parola è il bene supremo dell’umanità. Con le parole non si scherza e Michele Serra, grande artigiano della parola, dovrebbe saperlo.

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