“Là dove c’è il pericolo, cresce anche ciò che salva”

By on Apr 16, 2020 in Contemporaneità

Sono in molti a chiedersi se la paura del contagio ci abbia cambiati; se e come la reclusione domiciliare, di norma riservata a imputati in età senile, abbia mutato il così detto comune sentire. La mia impressione è che di cambiato ci sia solo l’ampiezza come se pantografo degli eventi si fosse limitato ad ingigantire fedelmente le emozioni. Non siamo peggio, non siamo meglio. Come sempre avviene nei momenti di difficoltà, siamo solo più autenticamente noi stessi.

“Don do don, do don do don… sto leggendo qualcosa con la TV accesa quando questa musica arriva da un passato che per un attimo non focalizzo. Poi ecco, un’altra città, un’altra casa, volti di persone care che non ci sono più e io ragazza. Un salto nel passato che mi inchioda al video. L’Italia che resiste … i più giovani non capiranno fino all’ultimo di che si tratta … ma io sì. Io dalla prima nota che mi ha scaraventata indietro nel tempo lo so. Dove c’è Barilla, c’è casa. (Elisa)

Nelle prime settimane mi è capitato spesso di alzarmi al mattino e pensare di aver sognato tutto questo: che il nostro mondo super tecnologico e longevo non sarebbe stato in grado di prevedere e sconfiggere un “banale” virus, che le città sembrassero quelle di B movie degli anni ’80 sul mondo post nucleare (deserte ma con i palazzi interi, a differenza dei B movie), che non fosse più tutto disponibile subito, dal banale lievito, a qualunque bene giudicato “non essenziale”, che Amazon non consegna più in 1 giorno ma in 1 mese. Ora non mi succede più, mi sveglio e so che devo vivere giorno per giorno, e nuotare nella corrente che ci porta, navigare a vista. Non è una bella sensazione, ma poi penso ai miei nonni, così che io ho conosciuto così “normali”, e penso che hanno affrontato ben di peggio e senza tutti i nostri mezzi e penso che forse il destino ha deciso che ora tocca ai nipoti prendere la staffetta e iniziare a correre … (Stefano)

In quarantena ti alzi e sai che dovrai correre, che dovrai essere il più veloce. Più veloce di tuo figlio nell’alzarti, se vuoi lavorare almeno mezz’ora prima che ti chieda la colazione. Più veloce del tuo compagno nel fissare le riunioni, se vuoi che si tenga libero e faccia il babysitter. Più veloce nel bloccare gli slot di consegna della spesa online, sport ufficiale dei milanesi ai tempi del Corona. Si sta a casa, sospesi in apparenza a non far nulla, eppure si corre e ci si affanna molto più di quando si rischiava di perdere la metro strapiena, o di quando da bravo milanese dovevi finire un lavoro – mandare una mail – prendere il latte – rientrare a casa a dare il cambio alla nonna entro le 18.30. A quanto pare si diventa nostalgici anche delle ansie e degli stress perduti. (Giulia)

Immaginando una sliding door, ogni giorno di lockdown, aprendo gli occhi è come svegliarsi nella soffitta della casa in collina, nell’Oltrepò da ragazzino. Silenzio assoluto. (Massimo)

Cosa rimarrà di questo inizio di 2020 negli anni futuri? Ci siamo abbonati a 5 servizi di streaming che altrimenti non avremmo mai sottoscritto ma che ora ci seguiranno vita natural durante (nostra o delle piattaforme). Abbiamo imparato a fare il pane e ancora per un po’ ci ricorderemo la ricetta. Con grande pena di chi lo faceva anche prima ed ora dovrà inventarsi qualcos’altro per fare il figo in cucina. Come popoli abbiamo fatto piccole e grandi scoperte dell’acqua calda: in Italia il telelavoro, in Germania la carta di credito. Credo che più di ogni altra cosa queste settimane (mesi?) di quarantena mi faranno riscoprire che anche la pigrizia segue la benedetta legge fondamentale della nostra società capitalistica: si può solo crescere, non si può mai tornare indietro. Tremo al pensiero del giorno in cui, una volta liberi da questo virus, mi toccherà riprendere una serie di attività a cui ero bene o male abituato: puntare la sveglia, infilarmi i pantaloni prima di iniziare a lavorare, partecipare alle inutili ma obbligatorie chiacchere davanti alla macchinetta del caffè (piscioso) dell’ufficio, la metropolitana strapiena, il furgone DHL che cerca di investirmi in bici, il vecchio che occupa sempre il posto sull’angolo al bancone del bar eccetera eccetera. Sarà un ritorno alla normalità durissimo, meno male che c’è la fantomatica fase due per abituarsi. (Giulio)

Vita da gatto la vita in quarantena, con lo specchio in fondo al corridoio come orizzonte più lontano. Gioco con le farine e i colori della lana. Vita placida e lenta anche se le giornate passano in un secondo. Finché la finestra sulla strada deserta mi riporta ai confini della realtà. (PaolaMaria)

Questo periodo è come un assaggio della vecchiaia che verrà. Tempi rilassati orizzonti limitati desideri semplici. Tempo sospeso insomma in attesa del tramonto. (Roberta)

Ho pianto lacrime di nostalgia. Lacrime perché mi ero “emotivamente” preparata per restare senza incontrare la mia famiglia per due anni, non di più. Ho pianto forse perché il tempo passa, le persone invecchiano e ancora non so, per esempio, quanti incontri avrò con la mia amata zia e il mio amato zio, prima che essi partano per l’aldilà. (Marian)

Negli anni in cui stava svanendo la memoria storica il Covid-19 ci ha risvegliato. Ciò che rimarrà è un pizzicotto alla fragilità umana. (Alberto)

#*!*!##!!!@#! (Guido)

 

index