Qualcuno deve pur tornare in copertura

By on Feb 14, 2019 in Contemporaneità

Corroborante lettura su Repubblica. Un editoriale di Federico Rampini mi ha dato da pensare. Dice che Trump è il primo che si sia accorto dell’aggressività imperiale della Cina. Imperiale e quindi strategica. Fatto che era stato (sorprendentemente) sottovalutato dalle amministrazioni precedenti. “Aggressività imperiale” significa confronto sistemico a livello economico, politico, culturale, militare. Con l’antagonista USA e con il resto del mondo. Uno scontro di civiltà (stavolta è proprio il caso di chiamare le cose con il loro nome) tra la concezione occidentale di democrazia e il nuovo dispotismo asiatico. Uno scontro sulle regole, e non solo su quelle che tutelano la libera concorrenza e i copyright. Evidenza riconosciuta a livello bi-partisan, quindi anche dall’opposizione democratica e dagli specialisti di politica estera di orientamento liberal; restano invece totalmente divergenti le posizioni riguardo all’efficacia dei rimedi adottati da Trump, ma questa è un’altra storia e se v’interessa ve la racconta per l’appunto Rampini.

Non so nulla di politica internazionale se non le quattro notizie alla portata dei più, quanto attendibili non so. Ma leggere, e non è la prima volta, che persino anche l’orrido Donald ha portato in primo piano una realtà ignorata o considerata insignificante, non può non far pensare. Ad esempio, alla necessità (l’urgenza) di abbandonare lo schema bianco-nero, amico-nemico, tipico dei tempi bui cui allude Hanna Arendt in cui molti di noi oggi indulgono per stanchezza o avvilimento. Credo siano davvero poche le cose che accumunano me e i miei amici a Donald; ma non fosse altro che la consuetudine di alzare l’asse della tavoletta, ciò non toglie che persino lui possa avere ragione e noi torto, almeno in linea di principio; ed è il pensarlo e praticarlo che ci fa essere liberi e liberali, quindi la cosa più diversa da lui.

E’ un pensiero che ultimamente mi ritorna in mente riguardo all’antifascismo da barzelletta di Michela Murgia per cui praticamente saremmo tutti proto-fascisti, per non parlare del sinistri alla Marco Revelli, talmente esclusivi e settari che in un circolo di due soci sono capaci di esprimere almeno tre correnti.

Eppure i fatti non sono così nascosti e oscuri. La “sinistra” in Italia, quella liberal-riformista o liberal-socialista che dir si voglia, insomma quella cosa laica e europeista che sogna un mondo di uguali condizioni di partenza ma non obbligatoriamente d’arrivo, è sempre stata minoritaria. Una cosa che largo circa vale il 30% dei votanti e che per governare ha bisogno di allearsi con qualcun altro che (necessariamente, inevitabilmente) non la pensa esattamente come lei (o come lui, il signor 30%). Proprio come nel gioco del calcio l’attacco ha bisogno del centrocampo, ed entrambi di una solida difesa. Donald sarà anche un mascalzoncello, e le sue posizioni politiche idiote e suicide, ma a volte persino lui può avere ragione. E noi torto.

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