Saltare lo squalo

By on Mar 30, 2019 in Contemporaneità

“Saltare lo squalo” è l’espressione utilizzata dai critici televisivi americani per indicare il momento in cui una serie televisiva “dopo aver raggiunto il suo picco inizia inesorabilmente ad abbassare il suo livello qualitativo, facendo venir meno la verosimiglianza della storia”. L’origine della locuzione la trovate qui nelle storie di Arthur Fonzarelli detto Fonzie

Inevitabile pensare all’effetto squalo quando in “House of cards” Claire la protagonista femminile viene nominata d’emblée ambasciatrice all’Onu, mestiere tra i più difficili: richiede, oltre alla disposizione naturale, un lungo apprendistato e approfondite conoscenze storico-politiche; insomma un artigianato di alto (altissimo) livello: alla bottega del Verrocchio non si saltavano le classi. Un vero peccato, perché sino a quel punto la serie più efferata in circolazione risultava credibile persino più del teorema di Euclide.

È ciò che accade – saltare lo squalo – anche in letteratura; Murakami ad esempio è un maestro in questo genere di giochetti – il gatto che all’improvviso compare dal nulla e si mette a ciarlare, il fantasma, il vecchietto che torna giovane etc. etc.  – dove non sono previste (né d’altra parte richieste) spiegazioni di sorta. Ma al mercato dei lettori, milioni e milioni di fedelissimi fan, va benissimo così. Anzi, forse è questa una delle ragioni dello straordinario successo dello scrittore e maratoneta giapponese, con buona pace degli sforzi che dai romanzo francese (Stendhal, Balzac, Dumas, Flaubert) a quello russo (Dostoevskij e Tolstoj) i professionisti della narrazione compiono per “romanzare” la realtà della condizione umana che attraverso la finzione narrativa ci stanno raccontando. Perché è la realtà, nient’altro che la realtà lo sfondo di ogni atto narrativo. (In caso di dubbio, domandiamoci di che diavolo narri l’Odissea, l’Amleto piuttosto che il Riccardo III, se non della condizione umana).

Inevitabile pensare al “salto dello squalo” che la politica compie ogni giorno, più volte al giorno. Senza paura, senza ritegno e senza vergogna. Dalla Brexit che gli inglesi pagheranno cara e noi insieme a loro, per via di una scommessa persa per futili motivi, alla decrescita infelice a cui ci condannano i 5 Stelle, sino ai rigurgiti neo-catacombali promossi dai truci del Truce.

Purtroppo, non tutti gli aventi diritto al voto hanno compreso che la politica, la tanto vituperata e disprezzata politica, altro non è che una narrazione: il racconto di un’idea di mondo, di ciò che il mondo potrebbe essere e, contemporaneamente, il modo per cambiarlo. Il problema, come sempre, è il talento. Quello di chi scrive e quello di chi legge.

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