Giuseppe Ravera

Mi chiamo Giuseppe Ravera. Sono nato nel Nord-Est e ho trascorso l’adolescenza nel Nord-Ovest. Laureato in Lettere alla Statale di Milano, ho sempre pensato che marketing e comunicazione siano le attività più congeniali per chi abbia ricevuto una formazione umanistica.

Nel corso del tempo ho avuto l’opportunità di conoscere e misurarmi con le più importanti tipologie di mercati, prodotti e sistemi distributivi; dopo aver lavorato per un ragionevole numero di anni in aziende nazionali e multinazionali, ho finalmente compreso che il miglior modo di trasformare i progetti in realtà è intraprendere in prima persona. E nonostante i mutamenti che hanno stravolto il mondo così come lo abbiamo sinora concepito, penso che il solo strumento in grado di interpretare la realtà e di cambiarla sia la comunicazione intesa nella sua accezione più ampia. Per questo il mio lavoro è inventare storie.

Persone, brand e imprese possono sperare di sopravvivere e prosperare in mercati affollati e maturi solo se hanno una storia da raccontare. È il filo rosso che tiene insieme passato e presente, quello che ho imparato e sto imparando nuovamente. Quali storie e quale scrittura? C’è una grande differenza tra copy-writing e narrazione. Per quanto acuto, arguto e abile, il massimo risultato del primo è la cattura dell’attenzione, è un piccolo furto di memoria, è il dispensare un po’ di affetto su un oggetto altrimenti inanimato. Il racconto invece, quando funziona, non solo cattura l’attenzione – il che è solo una premessa – ma ha il dono squisito e terribile di cambiare per sempre il lettore che, dopo, non sarà mai più la stessa persona. Perchè, come sosteneva Italo Calvino, “Il senso ultimo a cui rimandano tutti i racconti ha due facce: la continuità della vita e l’inevitabilità della morte”.

Per quanto riguarda il resto, vivo a Milano con una figlia part-time e un ulivo sul terrazzo che mi dà qualche preoccupazione.