La maranza di Rovazzi Fabio

By on Mag 20, 2024 in Comunicazione, Contemporaneità

Forse ve la siete già scordata, ammesso che l’abbiate mai saputa. Dunque, c’è un nuovo furbetto del quartierino, tal Rovazzi Fabio, che ha l’astuta idea di pomparsi la diretta Instagram (se non sapete cos’è ve lo spiega Salvatore Anzarulla qui). L’ideona è fingere di subire il furto del cellulare che stava usando (per la diretta Instagram). A me quello che fa o non fa Rovazzi Fabio interessa una cippa. Quello che mi riguarda (e quindi mi interessa) succede dopo: il video del (finto) furto viene immediatamente rimbalzato dai siti di news (Tg24, Repubblica, Stampa, Ansa, Fanpage, Corriere della Sera…). Partono i soliti pipponi sulla criminalità (sapesse signora mia quant’è criminale Milano) eccetera eccetera. E cinque minuti dopo (sempre su Instagram) il Rovazzi dichiara che era una finta. Un magheggio per pubblicizzare la sua nuova canzone. Insomma, una “supercazzola prematurata con...

Hanno la faccia come il chiurlo

By on Mag 18, 2024 in Comunicazione, Contemporaneità

Secondo Wittgenstein il significato di una parola è il suo uso in un particolare contesto; di conseguenza, il linguaggio altro non sarebbe che un insieme di “giochi linguistici”, attività costruita in base a delle regole, in assenza delle quali (aggiungo io) la comunicazione sarebbe impossibile. Che “gioco linguistico” sta dietro a parole come islamofobo e – lanciata nel mercato della comunicazione giusto in questi giorni – russofobo? Se trovo raccapricciante il governo (e i metodi di governo) della teocrazia iraniana sono islamofobo? Se provo orrore e disgusto per la pratica della sharia? E se ritengo che chiunque voglia vivere nell’Europa laica e democratica deve in primo luogo impegnarsi a rispettare le sue leggi a prescindere dal proprio credo religioso? Analogamente, se trovo raccapricciante il governo (e i metodi di governo) della Russia putiniana sono russofono? E se...

Misogino lo dici a tua sorella

By on Mag 13, 2024 in Comunicazione

Il prodotto più difficile? La politica. Mica la carta igienica o l’adesivo per dentiere, che al confronto son robetta per stagisti neanche tanto svegli. La politica o meglio i politici, che la metà degli aventi diritto si rifiuta di votare; la politica e i politici, che una quantità strabocchevole di italiani guarda con disprezzo; la politica e i politici, che sempre più italiani considerano tutti eguali e tutti egualmente nefasti. Insomma, avere a che fare con uno shampoo antiforfora che come tutti gli shampoo antiforfora si guarda bene dal levarvi la forfora, o con una mutanda assorbente per adulti incontinenti, è una passeggiata di salute al confronto. Ma nonostante tutto a ogni giro i pubblicitari ci ricascano. Per amore o per denaro, per narcisismo o per ricatti inenarrabili che per l’appunto si guardano bene da narrare, prestano il loro mestiere al “Vota Antonio!” di turno....

Chi lo getta via non è figlio di Maria

By on Mag 6, 2024 in Comunicazione

Michele Serra, rispondendo al mio commento sulle patatine sacrileghe, confessava di non ricordare i brand delle pubblicità. Le storie sì, ma non i nomi dei prodotti. Accade a sacco di persone ed è l’ur-cruccio dei pubblicitari. Nonostante tutti gli strumenti di indagine di cui dispongono (pre, post e pure durante) misurare a priori l’efficacia di un piano media è praticamente impossibile. Così ci si rassegna al fatto che una quota consistente dell’investimento (un terzo, metà, due terzi?) finirà nel cesso e non sapremo mai quale; come se una buona metà della folla in piazza San Pietro all’ora della benedizione papale fosse composta da pastafariani o da gente capitata lì per caso. Pensavo a tutt’altro, forse all’anca di Sinner che mi ricorda Giacobbe alle prese con l’angelo o forse distratto da Madeleine che strapazza la bottiglia vuota della Ferrarelle, quando sullo schermo compaiono...

Una durata lunghissima

By on Apr 17, 2024 in Contemporaneità

A volte i libri non li scegli, ti vengono incontro scodinzolando come cagnoni in cerca di carezze. Sono i libri che mai avresti comperato né tantomeno letto. “Cuori e denari” di Giorgio Ruffolo che Einaudi ha pubblicato nel lontano 1999 – forse per motivi che esulano dall’editoria – è uno di questi. Mi capita tra le mani ad un passo dall’evento più drammatico che possa capitare a un libro, quando è giunta l’ora di gettare i volumi dei nonni e dei padri. E pure quelli – chissà, forse mai letti – dei figli. La mattanza – bisogna far spazio ad altri libri, altre letture, altri sogni – si consuma quando si chiudono le case dei vecchi e si è costretti a scegliere cosa salvare (“…un amuleto che tu tieni / vicino alla matita delle labbra /al piumino, alla lima: / un topo bianco, /d’avorio”). “Cuori e denari. Dodici grandi economisti raccontati a un profano” s’era salvato...