Gelato popolare

By on Giu 12, 2014 in Comunicazione, Contemporaneità

Si parla di lavoro, ma la passione di MB è la musica. Così, nel corso di un colloquio telefonico mi invita a cercare sul Voi Tubo una certa Amy Stewart. “Cantante e donna fantastica, sentirai” raccomanda. Naturalmente vado (qualsiasi cosa pur di non lavorare). Trovo e clicco. Parte lo spottone. E’ un video Algida, di quelli con l’orso scemo (fateci caso, sarà perché si stanno per estinguere, ma gli orsi della pub – dalla mentina in poi sino al Vodafone di “relaaax” – sono particolarmente scemi).

Nello spottone che guardo con occhio medusato c’è un lui seduto al bar insieme a una lei. Il lui ha lo sguardo da triglia abbondantemente morta. Più stinto e banale di un agrimensore di Foggia (mi perdonino i foggiani tutti), si accompagna incomprensibilmente ad una creatura femminile dall’aspetto attraente e pure intelligente (sembra una californiana che abbia studiato filologia a Heildelberg). Errore di casting, presumo. Ad un tratto sullo schermo l’attenzione (nostra e dell’occhio da triglia) è attratta da un paio di ghiandole mammarie convenientemente dopate al silicone; il truzzino dal fascino di pesce lessato fissa prima il parco giochi anteriore e poi il lato B, debitamente ingrandito da un piano sequenza più che americano.

Dubbio sul volto del giovane cefalo: mostro o non mostro? Mi esprimo o taccio? (quesito narrativamente insensato: aveva palesemente rischiato le vertebre cervicali voltandosi nel seguire il passaggio della maliarda). Che fare? Morso al gelato Algida dell’Orso bianco scemo (che inquadrato ammicca e invita all’outing). Sii te stesso!, invita la pub, con tanto di hashtag tweetteratoso che fa tanto “ma come siamo social ah, ah”.

Così il cefalo esclama finalmente liberato: “Ma che f…!”, ripetendo due volte l’esclamazione, mentre cerca l’approvazione di un altro idiota di sesso maschile seduto nei pressi. Eppure la f… era lì, al suo fianco. (La fanciulla al seguito rivela ahimè di non aver studiato ad Heildelberg, e invece di appioppargli una cinquina e andarsene, si limita ad una smorfietta di disappunto da casalinga di Voghera: o tempora, o mores! Dove sono finite le femministe di una volta?!?!).

Slittamento semantico del linguaggio pubblicitario? Ma no, non scomodiamo la semiotica per così poco. Come il vero crimine di Berlusconi non è la truffa fiscale ai danni dello Stato (cioè tutti noi) e neppure i giochetti con le zoccolette gentili, bensì il berlusconismo, ovvero un sistema di potere basato sull’incapacità ladresca e ignorante, così il crimine compiuto da Grillo si chiama grillismo, ovvero la legittimazione della volgarità (e dell’insulto) quale linguaggio di relazione. Da usare quando si è a corto di argomenti. O di idee, come nel caso della pubblicità dell’orso bianco. (E dire che un tempo Algida era quella dei ragazzini innamorati col cuore di panna…).

L’advertising non inventa. Non ha mai inventato niente. Nel migliore dei casi copia (o scopiazza) i modelli offerti dal cinema grande e da quello piccolo. Non potrebbe essere diversamente, dato che questa adv deve vendere, non persuadere o far crescere. Niente arte, niente avanguardia, per definizione oggetti culturali critici. Cioè cose che mettono a disagio perché fanno pensare. Usiamo il pedale del bar-sport, del dialogo fra maschietti onanisti – quindi, della volgarità fine a se stessa. Mettiamoci comodi e facciamo i popolari. Se a forza di vaffa’ anche gli sfigati possono conquistare un seggio, chissà quanti gelati si venderanno abbassando l’asticella del buon gusto.