L’Expo non visto da lontano

By on Mag 17, 2015 in Comunicazione, Contemporaneità

C’è chi dai fatti genera un’interpretazione e chi, al contrario, s’industria per trasformare un’opinione in fatto. C’è poi una terza categoria, quella dei fatti inesistenti. Se ne occupa Luca Sofri nel suo “Notizie che non lo erano. Perché certe storie sono troppo belle per essere vere“, edito da Rizzoli. Non era vero, spiega Sofri, “il complotto per uccidere Obama”, né che un padre volesse far bocciare il figlio, né che fosse stata trovata l’agenda di Paolo Borsellino, né la foto di Elizabeth Taylor nuda, né che Papa Francesco uscisse la notte di nascosto dal Vaticano“.

Nonostante non fossero vere,queste storie, insieme a tante altrettanto inventate, sono state spacciate per vere da testate che dovrebbero avere la nostra fiducia”. Grazie a Internet, prosegue Sofri “i giornalisti di tutto il mondo si sono dovuti abituare al confronto con lettori che possono mettere in dubbio, contestare o addirittura smentire le loro affermazioni. Il mito del web come fucina di leggende metropolitane va ribaltato: oggi la rete testa la veridicità delle notizie, mentre i falsi giornalistici sono quasi sempre il risultato di errori o leggerezze compiuti dai media tradizionali, che hanno ormai rinunciato al ruolo di filtro e alla propria funzione di controllo”.

Interessante, vero? A proposito di fatti e di opinioni, l’altro giorno apro l’ultimo numero de “il Venerdì” di Repubblica. Lo sfoglio come faccio sempre all’incontrario, partendo cioè dalla fine. Mi imbatto quindi per ultimo nella rubrica di Zoro, tenuta da tal Diego Bianchi. Di norma non leggo e non guardo Zoro. La sua comicità di basso conio mi è resa ancora più indisponente (opinione) dalla grevità del suo romanesco (fatto) che lo rende assimilabile a un coatto di Torpignattara. Ma il titolo della rubrica – “Le magagne dell’Expo nascoste sotto il fumo della guerriglia black-bloc” – mi frega.

A Zoro sta sul cazzo Oscar Farinetti. E di brutto pure. E’ un fatto, oppure un’opinione? La prima. Ma da cosa è supportato questo fatto, cioè questa antipatia? Leggiamo: “Sono due miracoli italiani” dice Oscar Farinetti (scoprirò solo guardandone il badge appeso al collo che il suo vero nome è Natale) alle telecamere che lo intervistano. Lo incrocio di sfuggita, correndo verso il teatro dove… Renzi sta per inaugurare l’Expo di Milano”.

E questa la colpa di Farinetti, aver celato il proprio nome di battesimo? (“scoprirò solo guardandone il badge appeso al collo che il suo vero nome è Natale”). No, questo è solo un artificio retorico per prenderlo per i fondelli. Andiamo avanti.

Zoro afferma di non aver compreso quale fosse il secondo miracolo italiano, essendo il primo la riuscita dell’Expo. Poi riesce a scoprirlo: “L’italicum è un miracolo italiano” afferma Farinetti nel corso del proprio intervento. Ed è questa adesione all’Italicum che a Zoro proprio non va giù. Posizione lecita? Più che lecita, sacrosanta. Però… se uno di mestiere oltre a fare il comico (compito: famme ride) si propone anche come opinionista (compito: esprimi un’opinione su un fatto auspicabilmente vero) chi legge si aspetta la famosa reason why, ovvero er perchè, come dicono a Torbellamonica.

Quella del nostro sono le seguenti parole:quell’aria mediaticamente bonaria, pacioccona a gaudente (sta parlando di Natale Farinetti in arte Oscar, ndr), che in origine sembrava caratterizzarne tratti e parole, vista da vicino, senza il filtro della televisione, sembra invecchiata male, increspata di bulimico e arrogante ottimismo tipico di chi, comunque vadano le cose, cadrà in piedi)”.

Sentito? Quell’aria buona che vista da vicino sembra invecchiata male. L’ottimismo arrogante tipico di chi cade in piedi. Di chi sta parlando Zoro, se non del padrone di ottocentesca memoria, quello che sembra buono ma in realtà è vecchio, torvo e arrogante, quello delle belle braghe bianche, che sfrutta, affama e poi lascia senza lavoro. Quello che, comunque se le cose andranno male, si salverà dal naufragio del Titanic, perchè i padroni – torvi, brutti, invecchiati e arroganti- si salvano sempre. Loro.

Ma chi gliele suggerisce a Zoro queste cose da padrone delle ferriere? Ma cosa legge la sera prima di spegnere la luce, le ultime lettere di Stefano Fassina, il recordaman dei penultimatum di dimissioni? E soprattutto, dov’è il fatto, la realtà, su cui dovrebbe poggiare il commento dell’opinionista? Quali sono secondo Zoro le magagne dell’Expo? “L’Expo è una enorme, grande borsa del turismo, dove più chi ha più spende” scrive il nostro. Che così conclude: “Davanti al fumo e alle vetrine spaccate…dell’Expo e delle sue mille magagne non te ne ricordi quasi più”. Pausa e finalino che è diventato un classico da Scalfari in giù: “Recuperare la memoria, in un Paese che tradizionalmente ne è privo, sarà ancora più complicato”. A bello de’ casa (come dicono alla Garbatella) la memoria de che?

Conclusioni/Traduzioni:

Sono queste le colpe di Farinetti? Ma no, altre!

Farinetti promuove l’Italicum così come promuove Renzi, nei confronti del quale si è schierato sin dall’inizio con coraggio per altro raro nel prudente mondo imprenditoriale italiano (non si sa mai che poi perda…). “Sin dall’inizio” significa che Farinetti stava con Renzi già dalla prima Leopolda e ha continuato a “starci” anche quando fu sconfitto alle Primarie. Ecco vero fatto, il solo, che genera le opinioni di Zoro: Farinetti “fa amico” con Renzi, quello che fa nera la (così detta) sinistra Pd

E l’Expo, dove è finito l’Expo? “E’ una enorme, grande borsa del turismo, dove più chi ha più spende”. Stop, fine, chiuso.

Andiamo adesso, ammesso che abbiate ancora la voglia di leggermi, a pagina 18. Titolo: Dal nostro inviato nel cibo. Autore: Gianni Mura. Chi legge Rep sa che Mura si occupa da sempre di calcio, cibo e (grande) ciclismo, non necessariamente in questo ordine. Che la sua scrittura, sia che si tratti di tavola, cronoscalate o campionato italiano, è raffinata, composta, documentata.

E’ un gourmet, un affabulatore, uno documentato sino allo spillo. In questo servizio racconta i fatti, la realtà, le realtà che a visto all’Expo. Qualcuno positivo, qualche altro meno. “Ho visto una copia della Madonnina esposta ad altezza d’uomo. Meglio ad altezza Duomo“, scrive. E ancora: “Ero preparato al peggio e non l’ho trovato. Un paragone con Gardaland, o Disneyland, in parte ci sta. Ma da questa megaesposizione organizzata dall’Italia esco meno pessimista di quando sono entrato… E una certezza; Expo non è il raccolto, è la semina. I giovani erano la maggioranza dei visitatori e lo saranno anche a fine ottobre. Qualcuno si ricorderà qualcosa… e si documenterà, studierà, penserà a cosa può fare, Qualcuno o molti“.

Expo non è il raccolto, è la semina, dice Mura. E’ una enorme, grande borsa del turismo, dove più chi ha più spende, sostiene Zoro.

Stesso editore. Stesso giornale. Stessa edizione. Ci sta, è la ricchezza di un giornale la differenza di visioni/opinioni/punti di vista. Ma visioni basate sui fatti, non sul posizionamento all’interno del Pd, sugli scazzi e contro scazzi tra minoranza e maggioranza, sul mercato delle vacche e degli sfottò. Altrimenti è ridicolmente ipocrita affermare che “Libero” è una fabbrica di menzogne (cosa per altro vera, purtroppo).

Questa è l’Italia di oggi. Qualcuno, molti, che inventa notizie inesistenti. Qualcuno, molti, che propongono opinioni (tra l’altro non richieste) spacciandole per fatti. Qualcun altro, non so quanti, che cerca di fare onestamente il proprio mestiere di cronista, commentando fatti e non spacciando per fatti personali antipatie politiche.

In mezzo ci stiamo noi, popolo non più di santi e neppure di navigatori (ma quando mai abbiamo navigato? Durante le 4 Repubbliche?) e men che meno di eroi. Un popolo che si è reso famoso nel mondo per tre attitudini morali

  1. il correre in soccorso al vincitore
  2. il non perdonare il successo e il talento
  3. il temere il cambiamento peggio della peste bubbonica