Il “MeToo” del Procuratore

By on Mag 8, 2018 in Comunicazione, Contemporaneità

La notizia potrebbe far sorridere. Eric Schneiderman, il procuratore generale di New York, che sposò la causa del #MeToo e fece causa ad Harvey Weinstein citando pure la sua società per non aver tutelato le dipendenti, è a sua volta accusato di abusi sessuali. Lui nega: “Sono stati giochi di ruolo consenzienti”. Le signore, quattro, sostengono di essere state picchiate (pure ripetutamente). Senza il loro consenso, beninteso. Una di esse sostiene anche di essere stata minacciata di morte se avesse interrotto la relazione. Ma quanto tempo libero e quante energie questi americani, verrebbe da dire.

Sto (lentamente) leggendo un libro mirabile di Steven Pinker, cervellone del MIT. Si intitola “Il declino della violenza”, Mondadori, una mappazza di 885 pagine note comprese che a dispetto della mole (pesantezza mezza saggezza?) pagina dopo pagina si rivela essere lettura straordinaria. In primo luogo perché ribalta con un’enormità di dati l’idea che la nostra epoca, Novecento in particolare, sia la più feroce di sempre: balle cinesi, non abbiamo mai vissuto in modo così pacifico. In secondo luogo dimostra in modo inequivocabile e incontrovertibile che la violenza è un prodotto culturale, e non nasce quindi per supposte pulsioni omicide di tipo idraulico.

“Prodotto culturale” significa in buona sostanza frutto dell’ideologia di un periodo storico, di una società, di un gruppo sociale, come spiegò a perfezione quel genio peloso nato 200 anni fa a Treviri. E’ forse inevitabile chiedersi se storie come quelle del procuratore Schneiderman non siano le figlie predilette dell’ossessione puritana, l’ideologia che intasa più di un cervello negli USA. A tal proposito sarebbe molto interessante conoscere l’inferenza che proporrebbe l’altro grande genio ebraico, quello che abitava in Berggasse 19 a Vienna.

Quando si recò negli States nell’ormai lontano 1909, Freud non impazzì d’entusiasmo. A dargli fastidio furono il puritanesimo americano e il funzionalismo di una società votata al successo commerciale. Tuttavia, il New England, puritano, retrogrado e conservatore “conteneva elementi che lo rendevano ricettivo alla teoria freudiana. I tabù sessuali erano qui sentiti più rigidi che altrove, per cui alcuni intellettuali avevano cominciato ad esplorare la relazione fra tabù sessuali e malattia mentale, assai frequente in quelle zone”. Il viaggio non fu un successo. Rende perfettamente l’idea ciò che scrisse una psicologo (sic) americano all’epoca: “Le teorie di Freud e Jung sono per la psicologia ciò che il cubismo è per l’arte: un’interessante novità che fa scalpore. Se la loro applicazione non fosse tanto dannosa quanto lontana dalla verità io non avrei nulla da ridire”. Arte degenerata, insomma.

 

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