Note a margine di un film che non ho visto

By on Mar 12, 2024 in Contemporaneità

Non ho visto “La zona di interesse” e non ho intenzione di vederlo. Quel che dovevo sapere l’ho saputo leggendo recensioni d’autore. Magistrale quella di Wlodek Goldkorn (l’ho copia-incollata sulla mia bacheca fb). Non posso vedere “La zona di interesse” per la stessa ragione che mi preclude la vista de “Il pianista” di Polański e mi ha impedito di vedere per intero “La lista di Schindler”. Diciamo che come pare esista la sindrome di Stendhal e pure quella di Stoccolma, io soffro di quella da Shoah. Nel senso che ogni immagine, rievocazione, ricostruzione (proseguite voi) della più grande catastrofe della modernità mi risulta dolorosa al punto di impedirmi di andare oltre.

Andare oltre, ecco il punto. E’ per questo che trovo disgustoso quando un adulto senziente – non quindi i piccini, i cui apparati critico-cerebrali sono ancora in via di formazione – definisce “genocidio” la schifezza politica, militare e umana in corso di svolgimento a Gaza. Il genocidio è un’altra cosa. Nel dubbio, chiedetelo alla Treccani, che è pure gratis.

Sono tuttavia grato a “La zona di interesse”. Ha (involontariamente) dato la stura a una quantità di dichiarazioni sugli ebrei e sull’ebraismo. Persone più o meno famose che finalmente liberate da censure sociali, hanno espresso ciò che pensano degli ebrei e dell’ebraismo.

Paradosso del 7 ottobre: 1.200 ebrei – uomini, donne, anziani e bambini – vengono massacrati, abusati, rapiti. Israele reagisce. Invece di discutere se ha reagito bene, male o malissimo, la reazione (la nostra, non quella di Israele) consiste nello sventolare bandiere palestinesi, augurane la distruzione “dal fiume al mare”. E, finalmente, poter citare impunemente il repertorio dell’antigiudaismo novecentesco. E’ una cultura (è un mondo) che – di nuovo “finalmente” – può camminare a testa alta alla luce del sole dopo decenni di pur comoda clandestinità. Come le dita nel naso che non si mettono in pubblico ma in privato si scava che al confronto Marcinelle è una passeggiata, tornano i grandi classici dei tinelli piccolo borghesi: gli ebrei si aiutano fra loro, gli ebrei sono una lobby, gli ebrei sono il potere che regge il mondo. Gli ebrei ci fregano i soldi. (Siamo ancora lontani dagli ebrei che rubano i bambini per il sangue di Pasqua. Ma forse solo perché la Pasqua e i suoi riti hanno perso parecchio appeal ultimamente).

Dobbiamo essere quindi grati nell’ordine al generale Vannacci, a tutti i Ceccherini e a tutte le Ferilli. Non fanno che esprimere ad alta voce un sentire comune. Hanno il merito di portare in evidenza ciò che con sorniona condiscendenza i nostri concittadini pensano e hanno sempre pensato. Ricordate cosa disse la signora Segre? La cosa che più la ferì, che più la sgomentò ragazzina sul camion che dal carcere di San Vittore la conduceva al treno per Auschwitz, fu l’indifferenza dei milanesi. (Ricordo un viaggio di lavoro con un cliente, ingegnere meccanico di formazione. Giunti dalle parti di Salsomaggiore concluse quella che sino a quel momento pareva essere una pacata riflessione sula storia con una frase che mi gelò: “D’altra parte” disse “Se sono perseguitati da 2000 anni, qualche cosa devono pur averla commessa”.)

Ringraziamo “La zona di interesse” quindi. E tutto il resto, beninteso. Come un esame del sangue sia pure tardivo, ci ha svelato quello che avremmo dovuto sapere già, che sapevamo già, ma che non volevamo sapere: l’antisemitismo è vivo e vegeto: stava sotto il tappeto del salotto buono in attesa della sua occasione. Lo credevamo sparito come il vaiolo e le malattie esantematiche negli adulti, e invece pensa te.

giuda