Con quella faccia un po’ così

By on Lug 9, 2023 in Comunicazione

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L’altra sera “RaiStoria” raccontava l’epopea di Ugo Gregoretti e Nanni Loy. Impossibile cambiare canale nonostante il marmoreo Aldo Grasso che col passare del tempo fatalmente assomiglia sempre più a sé stesso. Chi ha la mia età era piccino all’epoca di “Specchio segreto” il loro programma più famoso e più apprezzato; tuttavia per nostra fortuna mio padre ancora spendeva con liberalità gli ultimi spiccioli di anticonformismo trasmettendo a noi figli il gusto per l’intelligenza. Poi venne il ’68 e fu troppo anche per lui, ma questa è un’altra storia.

Se avessi un nipote dell’età che avevo allora e mi chiedesse in cosa consisteva la genialità (ma sì, esageriamo) di Nanni Loy, risponderei semplicemente che con “Specchio Segreto” seppe trasformare “Candid Camera”, programma di puro intrattenimento americano, in un’indagine sociologica sull’animo degli italiani, sulle loro reazioni a situazioni impreviste e imprevedibili; sulle risposte che le persone davano a lunari quanto garbate provocazioni. L’esperimento (io preferisco chiamarlo indagine vera e propria) proseguì anni dopo con “Viaggio in seconda classe”. Trasmissione nella quale la telecamera era nascosta nello specchio di un vagone ferroviario.

Chi non ha mai visto “Specchio segreto” immagini uno stralunato Nanni Loy che in un bar di Bologna inzuppa la brioche nel cappuccino di un cliente; oppure manifestare davanti all’ingresso di una fabbrica inalberando un cartello che recita “Non ho voglia di lavorare, aiutatemi”. Situazioni che oltrepassano di gran lunga il comune senso di ciò che è (era) ritenuto sensato. Ma non c’è nessuna infrazione, violenza o sopraffazione nelle scene di Nanni Loy recitate in puro stile Monsieur Hulot. Semmai è presente la dolce follia del rovesciamento del senso comune, dell’ovvio e del “costumato”.

Oltre alla bravura di Loy, che scoprì di essere anche attore inventando e recitando questi piccoli capolavori dell’assurdo, ciò che stupisce e meraviglia sono le reazioni della gente. Gentilezza. Pacatezza. Disponibilità. Comprensione. Reso cinico da quarant’anni di mestiere, confesso che ho pensato che le reazioni violente, sgarbate o più semplicemente volgari alle “provocazioni” di Loy siano state tagliate; anche questo è possibile, anche se non ho modo di provarlo. Tuttavia mi piace pensare che negli anni ’60, gli anni del boom economico quando una giuria internazionale nominata dal Financial Times attribuì alla lira italiana l’Oscar della moneta più salda dell’Occidente, gli italiani fossero meno incarogniti, meno permalosi, meno pronti alla reattività nevrotica di chi si sente minacciato e offeso.

“Viaggio in seconda classe” è andato in onda nel ’77. In quegli anni l’inflazione viaggiava intorno al 27%, gli alacri manovali del terrorismo incrementavano la produzione (350 morti e oltre 1000 feriti il bilancio delle vittime) e la telecamera nascosta nello scompartimento di seconda classe riprendeva in bianco e nero i volti scavati di contadini e di semplici lavoratori. Un’Italia eterna più che antica, i soldati di Giulio Cesare non dovevano essere molto diversi. Anche in queste scene paradossali (il galeotto che torna a casa dopo aver scontato la pena e ha tanto bisogno di parlare con qualcuno…) è stupefacente la dignitosa disponibilità delle persone. Esiste ancora quell’Italia? Temo la risposta.

Chi siamo, cosa siamo diventati, perché? Troppo facile (lo faccio spesso pure io) attaccarsi al sempiterno discorso sugli italiani di Giacomo Leopardi, il “giovane favoloso”. Troppo facile dare la colpa al fascismo e al berlusconismo intesi quali autobiografie della nazione. A furia di dare sempre la colpa agli altri, si fa la fine della vignetta di Novello: il padre di famiglia umiliato dal capufficio torna a casa, cazzia la moglie che sgrida la figlia, giù giù nella catena di “comando e controllo”, al termine della quale chi si prende un calcio è il gatto. Così riconosco di nuovo come se fosse la prima volta che di risposte non ne ho; ed è stupefacente ricordare quante credevo di averne solamente pochi anni fa. Ugo Gregoretti è morto anzianissimo. Loy invece è mancato nel ’95 all’alba della vecchiaia. Chissà cosa avrebbe detto riguardo a ciò che siamo diventati.