Ucci ucci sento odor di…

By on Dic 18, 2016 in Filosofia

“L’antisemitismo” (Pierre-André Taguieff, Raffaello Cortina, 13 euro) non è esattamente quel che si definisce una strenna, anche se, alla luce degli sconfortanti dati di lettura, è lecito chiedersi che fine faranno i libri regalati a Natale. Eppure questo piccolo saggio andrebbe fatto leggere “con le buone o con le cattive”, come dicevano un tempo ai loro piccini i genitori sanamente privi di eccessive sovrastrutture pedagogiche.

Si tratta di un libro illuminante già a partire dal titolo: l’autore contesta infatti la congruità del termine “antisemitismo” che pure usiamo comunemente, poiché “gli ebrei a causa dei numerosi meticciati, non sono “semiti” nel vecchio senso etnico del termine, e non tutti i “semiti” sono ebrei, poiché anche gli arabi erano considerati “semiti”.

Un’ignoranza sulla quale si potrebbe pure sorridere (sono infinite le cose che non conosciamo…) se non fosse la spia di una più generale rimozione del problema. La giudeofobia – questo è il termine suggerito dall’autore – è una storia infinita di odio e di metamorfosi dell’odio, tante quante nel corso dei secoli sono le accuse rivolte agli ebrei.

A questo punto le persone perbene potrebbero ringraziare della segnalazione e sensatamente andare oltre. Errore. Questo piccolo documentatissimo saggio, testimonia di cose che nel migliore dei casi non sappiamo e nel peggiore non vogliamo sapere. Ma che è tuttavia indispensabile affrontare e conoscere. Ad esempio, che la giudeofobia  moderna è un prodotto costruito ad arte in Francia e in Germania nella seconda metà dell’Ottocento da autorevoli esponenti del mondo culturale e scientifico (sic) dell’epoca; che, allora come oggi, le “false notizie” venivano costruite e diffuse con arte sopraffina e finivano con l’essere credute in virtù dell’acquiescente collusione di chi – intellettuali, politici, educatori e religiosi – avrebbero potuto e dovuto opporsi bollando le ”notizie sugli ebrei” per quello che erano: oscene menzogne.

Come è finita si sa: prima si è dato fuoco ai libri, poi all’arte degenerata e alla “fisica ebraica”, per poi finalmente bruciare gli uomini. Quello che invece non si sa o peggio si fa finta di non sapere, è che la giudeofobia è l’elemento qualificante di un quartetto composto da nazionalismo, populismo, razzismo. Dove c’è antisemitismo (mi perdoni Taguieff) prima o poi il populismo fa propri i toni del nazionalismo, e questo immediatamente del razzismo. Ogni volta, in ogni paese, sempre nello stesso modo.

La storia d’Europa dell’Ottocento e del Novecento dal caso Dreyfus sino all’ultimo progrom polacco, è soprattutto la storia di questi moderni cavalieri dell’Apocalisse. Il populismo aizza il nazionalismo che vedeva ieri nell’’internazionalismo e oggi nella globalizzazione la causa di tutti i mali; il nazionalismo scatena il razzismo xenofobo e quest’ultimo accusa “l’internazionale ebraica”, i “giudaico-massoni” di ogni nequizia. Il motore è come sempre l’ignoranza, la sola malattia contagiosa per la quale non esiste vaccino: riconoscersi ignorante è già una forma suprema di conoscenza.

(Mi piace immaginare che anche Babbo Natale finalmente liberato dal secolare copyright della Coca Cola Company, sarebbe lieto di consegnare questo libro)