Avevo 16 anni quando il ’68 scoppiò. Non ci capii granché. Di certo mi persi il meglio. La prima manifestazione a cui partecipai fu a favore di Alexandros Panagulis. Non avevo la più pallida idea di chi fosse. Sapevo solo che era in carcere e che in Grecia c’erano i fascisti. Motivo più che sufficiente per non andare a scuola. Poi, proprio quando iniziavo ad avere le idee un poco più chiare, il ’68 creativo e generativo cedette il posto alla stagione dell’odio. La bomba che esplose il 12 dicembre 1969 a Milano segnò la perdita dell’innocenza. Una premessa necessaria per chiarire che di quegli anni ho un ricordo distorto e confuso. Credo siamo in parecchi della mia generazione ad aver scambiato la lotta di classe con gli scazzi familiari: marxisti immaginari inconsapevoli di quasi tutto, escluso uno sconfinato desiderio di autonomia e libertà. Sono quindi grato al ’68, se non altro...